Gli impatti del clima sulla nostra vita. Palazzi: “Rischi per l’approvvigionamento idrico”
Di cosa parliamo quando nominiamo i cambiamenti climatici? La ricercatrice Elisa Palazzi ha fissato l’attenzione su alcuni aspetti importanti – sette, ma potrebbero essere certamente di più – inerenti le nostre conoscenze sui mutamenti in corso e su quelli attesi, nonché sui loro impatti. Li svelerà mercoledì 30 maggio nella conferenza di chiusura del “Viaggio al centro della scienza”.
Dottoressa Palazzi, lei studia i cambiamenti climatici nelle regioni di montagna. Perché queste ultime sono le maggiori sentinelle di tale fenomeno?
Perché rispondono più intensamente e più in fretta ai cambiamenti esterni. Se, globalmente, nell’ultimo secolo e mezzo circa, la temperatura è aumentata di un grado su tutta la Terra, in montagna l’aumento è stato doppio, in media. Ciò dipende dal fatto che le montagne sono particolarmente sensibili e contengono, per esempio, sfere di ghiaccio e di neve che, nel momento in cui la temperatura si innalza, tendono a fondere, quindi a diminuire il loro spessore. Tale diminuzione facilita l’assorbimento della radiazione solare che, altrimenti, sarebbe stata riflessa in presenza di ghiaccio e neve. Di conseguenza si attiva un meccanismo di retroazione positiva, cioè di amplificazione della causa iniziale che era il riscaldamento.
La situazione cambia a seconda dell’area montana?
Sì, perché vi è un elemento di cambiamento locale, però l’amplificazione del riscaldamento in montagna è un meccanismo che si trova sostanzialmente dappertutto. Le montagne sono più sensibili di altre zone perché sono ambienti molto specializzati e rigidi. Ci vivono specie animali e vegetali abituate a stare in regioni ardue, con temperature basse e forti gradienti, per cui diventa difficile abituarsi anche a un piccolo cambiamento esterno. Tali specie subiscono l’aumento di temperatura perché non riescono ad abituarsi in fretta a cambiamenti estremamente rapidi, pertanto in alcuni casi tendono ad estinguersi o a spostarsi in zone a più alta quota per compensare il riscaldamento. La rapidità è l’impronta digitale dei cambiamenti che stanno avvenendo in quest’ultimo secolo e mezzo.
Per fare un esempio vicino a noi, quali sono le caratteristiche delle Alpi oggi?
Negli ultimi 50/60 anni hanno perso i due terzi circa del loro volume di ghiaccio. Questo è un dato molto importante. Quasi tutte le montagne, dalle Alpi occidentali a quelle orientali, hanno, per i loro ghiacciai, un bilancio di massa (ovvero il bilancio tra l’accumulo invernale e la fusione estiva) negativo, cioè stanno perdendo il punto massa. Anche la lunghezza del ghiacciaio è in diminuzione. Si tratta di una caratteristica ubiquitaria delle Alpi, così come di quasi tutti i ghiacciai della Terra. Si contano sulle dita di una mano quelli che sono rimasti stabili.
Nella sua conferenza annuncerà “Sette cose da sapere sul clima che cambia”. Ce ne può anticipare qualcuna?
Mi piacerebbe che queste sette cose venissero prese come principi da ricordare, in quanto appurate e consolidate. La prima è che il riscaldamento climatico dell’ultimo secolo e mezzo è inequivocabile. Ciò non significa che non ci siano stati altri periodi di riscaldamento sulla Terra, ma quello di oggi ha peculiarità molto precise, come la rapidità con cui è avvenuto. La causa culminante è dovuta alle attività umane. È dimostrato da una quantità di dati indipendenti, frutto del lavoro di tanti anni e di tanti scienziati, pubblicato e, quindi, ritenuto vero. Capire l’oggi non può prescindere dallo studiare ciò che è accaduto ieri. Studiare il passato permette di comprendere i meccanismi della macchina del clima, molti dei quali sono rimasti invariati. Il raffronto aiuta a fare previsioni su quello che potrà accadere in futuro. Da sottolineare, poi, le incertezze dei modelli climatici, dovute al fatto che alcune cose non si sono ancora capite o non si è trovato il modo giusto per presentarle nei modelli numerici. Gli scienziati non le nascondono e stanno lavorando per ridurle.
Se la temperatura è un parametro importante da monitorare, bisogna tenere conto anche di altri indicatori come l’innalzamento del livello dei mari, la fusione dei ghiacci sia terrestri sia marini, la perdita di biodiversità, l’aumento degli eventi meteorologici estremi (ondate di calore, precipitazioni intense).
Per finire, vorrei mostrare come si può affrontare la questione, a partire dagli accordi internazionali e fino alle piccole cose che possiamo fare nella nostra quotidianità.
Cosa pensa della Cop21, l’accordo internazionale sul clima stipulato a Parigi nel 2015?
La Cop21 ha posto un obiettivo molto preciso: ridurre le emissioni legate all’effetto serra per mantenere l’incremento della temperatura sotto i 2 gradi alla fine di questo secolo. Di fatto ha fornito delle indicazioni per raggiungere lo scopo, ora sta a rispettare i patti e far tutto quello che si può per diminuire o eliminare le cause del problema, ossia le grandi emissioni di anidride carbonica legate all’effetto serra, insieme ad un uso scorretto e intensivo del suolo. Azioni precise permettono di ottenere un risultato.
Come singoli, invece, cosa potremmo fare?
Sembra banale, ma potremmo modificare i nostri stili di vita, per esempio adottando una gestione virtuosa del consumo energetico, facendo scelte diverse per la mobilità, abituandoci al riciclo e rivedendo le abitudini alimentari. Il problema del cambiamento climatico è sempre parso come qualcosa che non ci riguarda. Sembra lento, invece si è verificato più rapidamente del previsto e con impatti importanti anche sull’economia e l’agricoltura. L’anno scorso, per esempio, Coldiretti ha stimato 2 miliardi di euro di danni all’agricoltura a causa dell’estate siccitosa. Un anno estremamente caldo non preoccuperebbe, se non fosse che rientra in una tendenza in atto da tempo. Anche la nostra salute è messa a rischio perché ondate di calore, eventi estremi e precipitazioni fanno spostare gli agenti patogeni e i virus. Gli impatti del cambiamento climatico ci riguardano e riguardano tutti gli aspetti della nostra vita. La Terra andrà avanti comunque e saremo noi a vivere peggio. C’è una frase che dice: la Terra può fare a meno dell’uomo, ma l’uomo non può fare a meno della Terra.
A livello idrologico, cosa ci dobbiamo aspettare?
Lavorando sulle montagne, posso dire che uno dei settori in cui ci potranno essere più problemi sarà quello dell’acqua. I ghiacciai rappresentano da sempre una grande riserva di acqua per le pianure e le regioni a valle. Essa è usata per qualsiasi scopo, dall’irrigazione all’uso potabile alla produzione di energia. Ovviamente, se l’acqua dei ghiacciai si riduce fino a scomparire, quella riserva utilissima di acqua dolce, soprattutto quando non piove o nella stagione secca, piano piano si esaurirà. L’approvvigionamento idrico sarà una delle maggiori questioni in futuro, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche di conflitti e migrazioni, soprattutto in luoghi già colpiti da altri problemi socio-politico-economici. La scienza del clima è interdisciplinare e ha conseguenze su vari aspetti.
Elisa Palazzi è ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche e docente di Fisica del Clima all’Università degli Studi di Torino. La sua ricerca è incentrata sullo studio dei cambiamenti climatici nelle regioni di montagna, come le Alpi o le regioni Himalayane, con particolare attenzione ai cambiamenti osservati e attesi nel ciclo idrologico montano e agli impatti del riscaldamento nelle regioni di alta quota, dove l’aumento di temperatura è avvenuto a un tasso più elevato rispetto a quanto registrato a livello medio globale.